Sostenibilità

2020, Un anno di sostenibilità nell’industria della moda

Consuntivo di un Annus Horribilis

Come ricorderemo il 2020?  

 

Sicuramente come l’anno del coronavirus. Annus Horribilis ​​​​ ​​per gli oltre 72.000 decessi nella sola Italia e per i lockdown che hanno bloccato il Paese, penalizzando intere filiere produttive tra cui quella tessile e della moda.

 

Ma lo ricorderemo anche per la generosità di molte imprese del settore che hanno supportato ospedali e protezione civile con donazioni e per le vicende delle aziende che hanno riconvertito parte della propria attività produttiva per realizzare le mascherine e DPI tanto necessari. Una scelta, quest’ultima, che ha consentito alle imprese di acquisire nuove competenze ed expertise tecnologiche, un patrimonio che potrà essere capitalizzate nello sviluppo di futuri materiali e processi.

 

Il COVID è stato anche l’occasione per mettere in discussione i modelli di business che negli ultimi decenni hanno caratterizzato i consumi e le produzioni della moda: il fast fashion, la delocalizzazione dei processi in aree povere del mondo alla ricerca dei maggiori vantaggi di costo a scapito della qualità dei prodotti e della sicurezza degli stessi lavoratori coinvolti.

 

Siamo pronti per passare dal fast allo slow fashion? Difficile dirlo ma voci autorevoli hanno delineato le linee per la nuova moda: prodotti fatti bene pensati per durare, acquisti meno compulsivi e più riflessivi, maggior attenzione ai materiali e alla storia produttiva dei capi, filiere produttive più corte con fornitori scelti in prossimità per la qualità del loro lavoro e per ottimizzare la logistica. Insomma, una vera rivoluzione che promette cambiamenti importanti nell’industria della moda e nei comportamenti dei consumatori. 

 

Ne è la prova il Fashion Pact, l’iniziativa lanciata nel 2019 da François-Henri Pinault Presidente del Gruppo Kering, in occasione del vertice del G7 di Biarritz. Le aziende aderenti al Fashion Pact sono al momento più di 60, provengono da diversi settori e da 14 paesi e rappresentano oggi oltre 200 brand, come dire un terzo dell’industria della moda globale. Il loro impegno converge su tre macro obiettivi: difesa delle biodiversità, degli oceani, riduzione delle alterazioni climatiche. In particolare sono previste azioni concrete: dall’uso di materie prime a basso impatto ambientale all’impiego di energia da fonte rinnovabiil fino alla riduzione della plastica negli imballaggi. 

 

Nel 2020 l'impegno del fashion business per la sostenibilità non solo è cresciuto, ma è diventato anche “sistemico” e strategico. In tale contesto, è cresciuta la consapevolezza dell'importanza della “accountability” e della trasparenza. La pubblicazione di un report di sostenibilità è diventata un must per diverse aziende del settore.  

 

In effetti, qualcosa sta cambiando nel settore riguardo alla narrativa della sostenibilità. La consapevolezza delle conseguenze negative del greenwashing sulla reputazione del marchio ha portato a una più attenta considerazione di strumenti di misurazione più sofisticati delle prestazioni ambientali di prodotti e processi. 

 

Eh sì, la moda sta diventando più responsabile.