Da scarti agricoli a materiali per la moda
Nuove tecnologie per l’economia circolare
Tecnologie - MU Sustainable Innovation
Il legame tra abbigliamento e agricoltura è antico. La coltivazione della fibre naturali ha fornito per secoli la le materie prime all’industria tessile. Oggi la rinnovata attenzione alla riduzione degli scarti e degli sprechi ha dato vita allo sviluppo di nuovi materiali derivati dagli scarti della produzione agroalimentare adatti all’uso nell’industria tessile e dell’abbigliamento.
Non siamo di fronte a un fenomeno naif, new-age o da bricolage, ma a ricerche prima sviluppate da centri di ricerca e laboratori universitari e poi industrializzate. Vediamo qualche esempio, non esaustivo della gamma, in continua evoluzione, di nuovi materiali di questo tipo.
Piñatex, azienda con base in Inghilterra che trasforma scarti della produzione di ananas. Le fibre vengono estratte dalle foglie della pianta di ananas attraverso un processo di decorticazione. Una volta che le foglie sono state spogliate delle fibre, la biomassa rimanente può essere utilizzata come fertilizzante naturale ricco di nutrienti o biocarburante, quindi nulla viene sprecato. Le fibre vengono quindi sgrassate e subiscono un processo industriale per diventare un tessuto non tessuto, che costituisce la base di Piñatex®. Il materiale viene poi trasformato con finissaggi che conferiscono un aspetto simile alla pelle, creando un tessuto flessibile, ma resistente. (www.ananas-anam.com)
Frumat, azienda italiana dell’Altoadige ricicla scarti di mele destinati alla termovalorizzazione. La farina ottenuta essiccando bucce e torsoli di mela è mescolata con acqua e colla naturale; e compattata. Il materiale finale, simile alla pelle, realizzato in una mischia di fibre di mela (50%) e poliuretano (50%) viene usato soprattutto nella produzione di calzature e accessori ma anche di capi di abbigliamento.
Vegea, azienda italiana, il cui marchio deriva dalla combinazione di VEG (Vegan) e GEA (Madre Terra), è impegnata nella ricerca e produzione di una nuova generazione di materiali bio-based. Tra questi un materiale prodotto dalla vinaccia, bucce, semi e gambi del grappolo di uva scartati nella produzione del vino. Dai semi viene estratto un bio-olio, polimerizzato mediante un processo brevettato. Le bucce e i gambi sono utilizzati in una mescola, anche questa brevettata, per la produzione di un tessuto con proprietà tecniche avanzate. (www.vegeacompany.com)
Nanollose, azienda Australiana, applica nuove tecnologie basate su batteri ed enzimi per la produzione di cellulosa microbica a partire da fibre nanometriche prodotte da un batterio (AcetobacterXylinum) non pericoloso per la salute umana e capace di metabolizzare scarti agricoli. Si tratta quindi di una alternativa alla cellulosa prodotta dal legno o dai linters di cotone e che poi viene trasformata in viscosa. (nanollose.com)
Un approccio completamente diverso è stato seguito dal centro di ricerca VTT dell’Università finlandese di Aalto, particolarmente attivo nelle ricerche su metodi alternativi di produzione della cellulosa, che ha realizzato un materiale biologico fissando nanofibrille di cellulosa ottenuta da polpa di legno con proteine prelevate dai fili di ragnatela. Il risultato: seta di ragno vegetale. (bit.ly/vttresearch)