Sostenibilità

L'innovazione nelle fibre sintetiche

I materiali tradizionali si rinnovano
Tecnologie - MU Sustainable Innovation

Con oltre 66 milioni di tonnellate prodotte le fibre sintetiche sono le materie prime più utilizzate nei processi tessili, a partire dall’inizio degli anni ‘90 il loro uso ha superato quello delle fibre naturali.

La fibra dominante è il poliestere (55mln di tonnellate per oltre 60miliardi di dollari in valore) che ha per circa il 50% come destinazione finale l’abbigliamento e per il 25% il tessile per la casa, mentre la produzione di poliammide è di circa 6 milioni di tonnellate annue di cui circa 1/3 (2mila tonnellate) usato come fibra tessile, il resto come materiale plastico.

 

Le fibre sintetiche sono tradizionalmente prodotte a partire da derivati del cracking del petrolio, una fonte non rinnovabile e fossile.

Il carbonio, che era contenuto nel sottosuolo nelle molecole organiche del petrolio, viene immesso in atmosfera in forma ossidata, CO2, uno dei gas responsabili dell’effetto serra, tra le cause principali dell’innalzamento delle temperature globali.

 

Rispetto alle fibre naturali, le fibre sintetiche hanno dal punto di vista dell’impatto ambientale sia vantaggi che svantaggi.

I principali svantaggi sono il processo produttivo energivoro (che se prodotta da fonti fossili aggiunge rilascio di CO2 in atmosfera) e tempi di biodegradazione lunghissimi, dell’ordine dei secoli, che rendono i rifiuti permanenti nell’ambiente.

I vantaggi sono il minimo consumo di acqua, di sostanze chimiche pericolose (es. pesticidi) e un consumo di suolo, sottratto a produzioni alimentari, praticamente nullo.

 

Le Innovazioni per la riduzione dell’impatto ambientale

 

La ricerca e l’innovazione per la riduzione dell’impatto ambientale delle fibre sintetiche si è sviluppata lungo tre filoni:

 

  1. Recupero e riciclo, per via termo-meccanica o chimica. La prima con limiti riguardo al numero di cicli di riutilizzo compatibili con adeguate performances tecniche, la seconda che deve risolvere il problema dell’elevato uso di energia per la depolimerizzazione e la successiva ricostruzione della catena polimerica.
  2. Miglioramento della biodegradabilità delle fibre sintetiche per ridurre la permanenza nell’ambiente dei materiali plastici e dell’inquinamento da macro e micro plastiche.
  3. “Decarbonizzazione”, ovvero la sostituzione come materia prima dei derivati del petrolio con materiali bio-based, olii vegetali, amidi, zuccheri, per ridurre l’uso di materie prime fossili e le emissioni nette di CO2 in atmosfera.

 

La prima soluzione è già ampiamente praticata, per il poliestere principalmente da fonti post-consumo (le bottiglie in PET), per il Nylon da fonti sia post-consumo che post-industriali.

La seconda, di cui sono presenti sul mercato alcuni esempi, resta problematica e richiede sistemi di biodegradazione controllati e industriali, ben lontani da una facile diffusione.

Il terzo è forse il filone più interessante dal punto di vista innovativo e potrebbe dare un contributo significativo nella decarbonizzazione dell’industria tessile.