Life Cycle Assessment (LCA)
Misurare gli impatti sull'ambiente di prodotti e processi
Glossario della Sostenibilità - MU Sustainable Innovation
Utilizzata ormai da 30 anni, la LCA non è certo una metodologia di recente invenzione ma oggi è particolarmente apprezzata dalle imprese che vogliono misurare l’impatto ambientale delle proprie attività e prodotti.
Lo scopo è infatti di raccogliere e valutare i dati relativi alle emissioni, ai consumi, ai carichi energetici per esprimere attraverso valori sintetici quanto un prodotto contribuisca al riscaldamento globale e alla tossicità dell’ambiente. I motivi per realizzare uno studio LCA possono essere molteplici: valutare l’impronta ambientale di un’attività per attenuarla, confrontare gli effetti di un’innovazione, compensare il carico ambientale con iniziative di riforestazione, ottenere la certificazione EPD (Dichiarazione Ambientale di Prodotto) che è una sorta di carta d’identità ambientale di un articolo o materiale.
Come vedremo più sotto, uno studio che utilizza la metodologia LCA richiede un impegno considerevole nella raccolta ed elaborazione dei dati. L’impegno è ripagato però dalla disponibilità di misurazioni realizzate secondo uno standard internazionale riconosciuto, che avvalorano le dichiarazioni che l’azienda può fare sull’impatto ambientale di prodotti e processi senza timore di essere accusata di greenwashing.
In cosa consiste l’LCA?
Definite le motivazioni e gli obiettivi dello studio si procede stabilendone i confini e gli step di processo su cui sarà focalizzata l’analisi. Quindi si raccolgono i dati relativi alla storia di quel prodotto: per ogni fase si identificano gli Input (materiali, acqua ed energia) e gli Output (emissioni). Vengono quindi applicati procedimenti di calcolo che consentono di quantificare i flussi in entrate e in uscita. I risultati consentono di misurare l’energia utilizzata (GER – Gross Energy Requirement), le emissioni di gas che provocano effetto serra e (GWP – Global Warning Potential), il consumo di risorse non rinnovabili, il contributo all’assottigliamento della fascia dell’ozono, gli effetti delle emissioni sull’ambiente (acidificazione, eutrofizzazione, formazione di smog fotochimico) e quindi il grado di tossicità del ciclo di vita del prodotto sull’uomo e sull’ambiente.
Il valore ottenuto dall’LCA e ritenuto più significativo è il GWP rappresentato dalla formula COâ‚‚ eq. In questo caso l’anidride carbonica (COâ‚‚) è usata per sintetizzare anche i principali gas che causano effetto serra: il metano CH4 , il protossido di azoto N2O, i clorofluorocarburi (CFC), gli idroclorofluorocarburi (HCFC), e gli idrofluorocarburi (HFC).
Interpretare i dati forniti dall’analisi è importante. Permette all’azienda di comparare materiali e prodotti nelle strategie di ecodesign, di valutare i risultati ottenuti dall’introduzione di nuove tecnologie o di cambiamenti organizzativi, di raccontare la storia ambientale del prodotto in modo rigoroso e scientifico.
Certo l’LCA non fornisce tutte le risposte, ad esempio non valuta il costo sociale ed economico di un prodotto, ma certamente evita che si scivoli nel pericoloso greenwashing e consente valutazioni oggettive e documentate.
È basata sui principi dell’LCA anche la metodologia PEF (Product Environmental Footprint) introdotta dalla Commissione Europea per valutare l’impatto ambientale di un prodotto. Come l'LCA, la PEF adotta un approccio che considera l’intero del ciclo di vita di un prodotto, ma segue requisiti specifici per ogni categoria di prodotto e specifiche standardizzate che creano una maggiore comparabilità dei risultati. Altrettanto importante è che la PEF considera anche l'impatto sull'ambiente del fine vita di un prodotto, fornendo criteri pratici e una formula la sua valutazione.
Uno strumento che adotta le stesse metodologie della PEF è l’OEF (Organization Environmental Footprint) che invece dell’impatto del prodotto, considera quello di una organizzazione sull’ambiente, ad esempio di un sito produttivo.