Riciclato e Riciclabile
Riciclato fa rima con riciclabile?
Nel 2019 sono state utilizzate globalmente 103 milioni di tonnellate di fibre tessili. Di queste, tra il 30% e il 40% diventano rifiuti ancor prima di entrare nei negozi e nel circuito del consumo. Quando, alla fine del loro ciclo di vita, capi d’abbigliamento, coperte, lenzuola e tessuti per arredamento diventeranno a loro volta rifiuti, oltre l’80% di queste fibre finirà in discarica o bruciato. Soltanto il 15%-20% sarà riciclato.
Come si può ridurre questo enorme spreco di risorse, che secondo la Fondazione Ellen McArthur si può monetariamente valutare in oltre 100 miliardi di dollari all’anno? Una soluzione è l’aumento dell’uso dei materiali provenienti da riciclo e della riciclabilità dei prodotti. I due fattori sono però tutt’altro che sovrapponibili.
Il primo caso, cioè l’uso di materiali provenienti da riciclo, è relativamente più semplice da realizzare, lo si è visto anche nell’ edizione di febbraio 2022 di Milano Unica, dove ben il 71% delle imprese che hanno partecipato al progetto sostenibilità ha presentato campioni che utilizzano materiali da riciclo.
Secondo lo standard ISO 14021, e anche secondo la legge italiana, un materiale si dice da riciclo quando è diventato un rifiuto, successivamente è raccolto e recuperato invece di seguire un percorso di smaltimento in discarica o di incenerimento. Un materiale recuperato che non sia un rifiuto ma un sottoprodotto - cioè un materiale che pur essendo uno scarto o sfrido di produzione ha, fin da subito, una destinazione d’uso certa all’interno dell’impresa che li ha generati o presso altri utilizzatori esterni - non potrebbe quindi essere definito come riciclato. Si pensi ad esempio a scarti di taglio dei tessuti che vengano venduti da un confezionista ad un riciclatore per farne nuove fibre da filare. Si tratta di una ambiguità e contraddizione definitoria e normativa che genera confusione e incertezza e non aiuta la diffusione di processi “circolari” nell’industria tessile.
Problemi tecnici rendono più difficile la riciclabilità dei materiali tessili.
Se in linea teorica tutti i materiali tessili sono riciclabili, non tutte le destinazioni di questi materiali sono economicamente o ambientalmente sostenibili. I materiali – filati tessuti o capi d’abbigliamento, prodotti con fibre misti – cioè la grandissima maggioranza, si pensi alle mischie cotone-poliestere, lana-acrilico, i tessuti laminati o accoppiate etc - per poter essere trasformati in nuovi filati; quindi, tessuti e capi d’abbigliamento richiedono di essere selezionati per tipo di fibra e ciascuna fibra deve essere riciclata separatamente, cosa spesso impossibile tecnicamente o non possibile a costi contenuti. Inoltre, i processi tradizionali di riciclo, quelli meccanici, spezzano le fibre rendendole più corte, un capo prodotto con fibre riciclate meccanicamente è quindi difficilmente riciclabile – le fibre che risulterebbero dal suo riciclo sarebbero troppo corte per essere di nuovo filate. Per questi materiali la destinazione principale sono produzioni a minor valore aggiunto, ad esempio il settore dei non-tessuti e dei pannelli isolanti. Le nuove tecnologie di riciclo chimico per le fibre sia sintetiche che cellulosiche e i recentissimi sviluppi in materia di separazione con processi chimici delle fibre miste stanno espandendo le possibilità e potranno in parte ovviare alle limitazioni oggi esistenti.